Normaldeide
“Tramonto”
I
Il sole splendeva alto nel cielo e dalle previsioni si preannunciava una giornata calda e assolata. Sarebbe stata una splendida giornata, dedicata al divertimento e alla natura. Aspettava da tempo la possibilità di prendersi una pausa per dedicare qualche ora al suo hobby preferito, la pesca. Con il lavoro e tutto il resto a parte la sua salute, era l’unica cosa che non aveva trascurato. Aveva saltato o rimandato un’infinità di cene e ricevimenti, ma mai nessuno gli aveva impedito di dedicarsi alla pesca o di fare quattro salti in palestra. La salute e la pesca erano le uniche cose che realmente importassero per lui, niente era più importante della salute. Era la giornata perfetta e aveva tutto il tempo che voleva nonostante tutto, era in preda alla frenesia come se ogni secondo fosse anche l’ultimo. L’idea che da li a poco avrebbe ancora una volta passato del tempo immerso nella natura lo rendeva ansioso e timoroso. Non voleva perdere più tempo del necessario per preparare tutto quello che si sarebbe dovuto portare dietro, quindi doveva organizzarsi in fretta e furia. Ogni minuto in più, trascorso in quella casa, era un minuto in meno che sottraeva al suo piacere.
Le cose più importanti erano state sbrigate già nella settimana, niente doveva andare storto, nessun contrattempo e nessun cambio di programma lo avrebbe separato da quella settimana tanto attesa. Aveva lasciato alla sua segretaria, in previsione della sua assenza, il programma di tutta la settimana, precisando che lo avrebbe dovuto chiamare solo in caso di invasione da parte degli alieni, ed era stato così categorico, che alla segretaria era venuto il dubbio se un’invasione aliena fosse davvero attesa. Non era la prima volta che spariva per un’intera settimana ma quella era un’occasione davvero speciale. Erano due anni infatti, che si era messo in lista d’attesa, per poter trascorrere una settimana nella “Cupola del Benessere”. Era la meta più ambita ormai da due anni, da quando aveva aperto e da quando lui si era messo in lista. Due anni aspettando una risposta, una telefonata che gli avrebbe permesso di trascorre un’intera settimana in quel posto da sogno. Finalmente quel momento era arrivato e per nessun motivo al mondo ci avrebbe rinunciato.
Non era sposato, non lo era mai stato, ne voleva esserlo. Aveva sempre vissuto da solo e ormai la cosa non lo spaventava più di tanto, sempre meno comunque di una relazione fissa. Preferiva la solitudine e, si fa per dire, la sua voglia di monotonia a qualcosa che in un modo o in un altro prima o dopo lo avrebbe portato ad affrontare una serie di problematiche su come spendeva il suo tempo e su come conduceva la sua vita. Lui queste cose era sempre riuscito ad evitarle mentre i suoi amici, da quello che gli avevano raccontato, erano stati meno fortunati e previdenti di lui. Il problema delle malattie, il problema delle sere trascorse a parlare, parlare, parlare per non giungere a niente. Ore e ore di sonno sprecato a rincorrere idee e speranze che, eventualmente verranno condivise al massimo per due, tre anni, per non parlare di tutta la tensione dovuta ai ragionamenti da affrontare, nel cercare di capire dove finisce la verità e cominciano eventuali bugie. No, no, a tutto questo lui aveva dato un taglio netto e decisivo. Non voleva essere schiavo di sentimenti o risentimenti per nessuno e poi, era già soddisfatto del carattere esuberante della sua segretaria che più di una volta, aveva preso il cavallo per le redini e ricoperto il ruolo di mamma, sorella, zia, cugina, nonna e amica. Dove vai? Che fai? Perché non vai li? Perché non esci? Perché stai sempre solo? Hai mangiato? Hai dormito? Un fiume di domande e questo quasi tutti i giorni. Sicuramente aveva bisogno di molte cose, ma non di una donna e su questo ne era più che convinto.
Era riuscito, senza mettere sotto sopra tutta casa, a fare una cernita ponderata fin nei minimi dettagli, di tutti gli accessori e indumenti che si sarebbe portato. “Nulla che non era strettamente necessario”, era la regola che aveva applicato ad ogni cosa. Non aveva un vero problema di limite di peso ne di numero di bagagli che poteva portare con se, ma non voleva nemmeno continuare a spostare da una parte all’altra tutti gli oggetti inutili che si sarebbe ritrovato una volta arrivato. Odiava tenere per casa cose che non gli servivano realmente e tanto meno voleva portarsele in vacanza.
Quattro valige era il limite massimo che si era prefissato niente di più. Sarebbe potuto scendere anche a tre, ma doveva rinunciare ai suoi asciugamani personali con relativi accappatoi e lui, non avrebbe mai usato un qualunque asciugamani di un qualsiasi albergo, rinomato o no che fosse, tanto, che quella era stata la prima valigia che aveva preparato. Nelle altre non aveva messo nulla di particolare o di elegante, ma solo cose pratiche, che non richiedevano troppa attenzione. Tessuti anti strappo nei vari colori e rigorosamente in tinta con la natura, qualcosa di idrorepellente per qualche nuotata fuori programma e diversi cappellini dalle forme diverse e dai colori sgargianti, ma non troppo, da abbinare con il resto degli indumenti. Aveva anche una fornitissima scelta di scarpe per tutti gli utilizzi e scopi. Se doveva scalare una montagna, attraversare deserti o vallate, camminare sui carboni ardenti o prendere un cocktail, lui aveva la scarpa giusta per ogni occasione.
Erano passate tre, quattro ore e non avrebbe raggiunto la quinta, tanta era la voglia di andarsene, di lasciarsi tutto alle spalle e scappare dalla frenesia della città. L’aria aveva la solita temperatura, 24 gradi, come la stagione prevedeva o meglio, come l’Ente per la Salute aveva deciso di impostare le stagioni. Temperature, precipitazioni, venti, umidità, tutto controllato dal sistema di condizionamento ambientale, che era sotto il loro controllo. Nessuna giornata piovosa, nessun uragano, nessuna grandinata, aveva più ormai da tempo, colto impreparata nessuna città, così come, non c’era più stata l’occasione nell’approfittare di una bella giornata fuori stagione, da poter spendere in una scampagnata improvvisa. Non dovevi fare altro che aspettare il notiziario della sera, per sapere quale fosse perfettamente il clima del giorno dopo. Se avevano deciso che doveva piovere, sta sicuro che pioveva. Ovviamente il clima non era l’unica cosa ad essere controllata. Le richieste di nuove gravidanze così come la distribuzione del lavoro tra la popolazione, erano supervisionate da gruppi di esperti, che dopo una serie interminabile di esami e decisioni, decretavano la scelta migliore. A cosa fossero legate poi le scelte, nel prendere una decisione piuttosto che un’altra, rimanevano un mistero che solo loro sapevano con esattezza. Sta di fatto, che alla fine, bene o male si arrivava a fare quello che ti era stato gentilmente consigliato di fare. Nessuno in ogni caso si era mai alla fine lamentato, per essere stato consigliato male. Il sistema era forse un po’ troppo rigido per alcune cose, ma dopo tutto ognuno era sufficientemente felice della propria vita e sotto un certo punto di vista, una certa garanzia in quello che si voleva fare, non guastava.
Si era perso in parte quel senso di improvviso e inaspettato, ma in fondo non si poteva avere tutto, anche se, qualcuno aveva fatto espressamente richiesta di poter vivere con una certa frequenza una serie di imprevisti, come piccoli incidenti o malfunzionamenti improvvisi, come l’antifurto della propria auto, della propria casa, l’acqua che va e viene, insomma, piccole sciocchezze tanto da rendere la giornata più frizzante e anche quella era in breve tempo diventata una nuova tendenza. Slogan e motivetti erano stati coniati riempiendo di tanto in tanto i canali radio più ascoltati.
“Dai un tocco frizzante alla tua giornata !”
“Apri la finestra all’inaspettato !”
“Cogli l’imprevisto !”
Erano solo alcuni degli slogan che ricorrevano nelle battute e nei discorsi, che si facevano durante la giornata. C’è chi considerava la cosa stupida e priva di fine logico, per altri invece, sembrava avessero trovato un nuovo scopo nella vita.
Per molti era così elettrizzante alzarsi la mattina e non trovare più l’automobile parcheggiata davanti casa, che avevano espressamente richiesto, che gli imprevisti venissero estesi a tutta la giornata. Gli incidenti e gli imprevisti erano controllati e non causavano mai dei seri danni a cose o persone, ovviamente quelli più articolati e complessi erano i più richiesti. Si era fatto molto affinché ognuno potesse avere una vita tranquilla, mentre ora, per divertimento si cercava qualcosa di diverso, di meno tranquillo. Ironia della sorte o solo contraddizione, sta di fatto che quello che un tempo era ritenuto svantaggioso e fastidioso, ora era apprezzato e richiesto.
Ormai era davvero tutto pronto, aveva anche avvisato la compagnia dei trasporti, ora non doveva fare altro che aspettare la navetta di collegamento che passasse a prenderlo per portarlo direttamente al molo d’imbarco. Privilegio di tutti quelli che come lui erano riusciti ad accaparrarsi una settimana nella “Cupola del Benessere”. Non aspettò molto. Dopo aver caricato i bagagli ed essersi lasciato tutto alle spalle, finalmente, la navetta partì.
Osservava fuori dal finestrino, con la solita curiosità di sempre, agevolato dalla velocità, non troppo elevata della navetta, che sotto il controllo attento della guida automatica, procedeva con andatura e direzione costante. Era tutto in ordine, come al solito. Era tutto predisposto e funzionale. Ogni cosa aveva una sua locazione ben precisa e nulla risultava mai essere fuori posto. Niente, o quasi niente, andava in disaccordo con quello che era controllato elettronicamente. Le macchine partivano e si fermavano nello stesso istante, ai semafori tutto era in linea con gli accorgimenti segnaletici insomma, era tutto calcolato e controllato elettronicamente e tutto in nome della salvaguardia dei cittadini. Un tappeto mobile, quando era il momento, portava comodamente i pedoni dall’altra parte del marciapiede, evitando così che qualcuno finisse investito accidentalmente da qualche mezzo andato in cortocircuito. I mezzi di trasporto, tutti rigorosamente con guida automatica, sembravano pedine di un domino controllato a distanza. I mezzi per la pulizia delle strade si muovevano con al solito, con l’andatura di un serpente che cerca spazi e parcheggi liberi da ripulire. Si sentiva parte di una grande partita a scacchi, dove ogni pezzo ha le sue mosse vincolate da regole e tattiche poi, quando la cosa stava diventando ancora una volta troppo opprimente, gli tornò in mente il motivo per il quale stava osservando tutte quelle cose e che da li a poco avrebbe vissuto una stupenda avventura, immerso nel verde e nella tranquillità così ritrovò la serenità. Oscurò leggermente il finestrino, quel tanto da nascondere quello che c’era dietro e si rilassò assaporando le comodità del sedile.
Passò del tempo..
Non era ancora mattina inoltrata quando, alla vista del cartello direzionale per il molo, i suoi sensi assopiti lo riportarono improvvisamente alla realtà. Le comodità del viaggio avevano avuto la meglio sulla sua eccitazione, la costante velocità unita al dondolio morbido della navetta lo aveva fatto appisolare senza accorgersene. Schiarì il finestrino, quel tanto da ridare al paesaggio la giusta definizione, poi lo aprì leggermente, lasciando che una lieve brezza finisse di svegliarlo del tutto.
Notò subito l’inconfondibile linea segnaletica brillante, giallo nera del molo che, delineava l’intero percorso a tutte le navette. La osservò per qualche secondo scorrere sotto i suoi occhi poi, alzò nuovamente lo sguardo.
Mancava davvero poco, tanto che si iniziavano ad intravedere, lungo la strada, sia i decori, sia le indicazioni per il complesso. Finalmente il suo desiderio stava per avverarsi, stava per entrare in uno dei posti più ambiti del mondo. Di quelle meraviglie ne esistevano solo altre quattro infatti e tutte, con una lista d’attesa interminabile. Non era certamente la richiesta che mancava, ma i costi spropositati per la costruzione impedivano di realizzarne delle altre, così in breve tempo diventarono i luoghi più desiderabili e ambiti da coloro che potevano permettersi una vacanza così esclusiva. Le cupole infatti, erano davvero una cosa esclusiva sotto molti aspetti. La cura dei dettagli era sicuramente un loro punto di forza, per non parlare del senso di realtà che offrivano, davvero mirabile da lasciare senza parole. Sicuramente non gli sarebbero mancati i luoghi dove era consueto andare a pescare. Nulla da ridire certo, ma non avevano certamente il fascino e la bellezza nei decori, che le cupole offrivano.
Era più che sicuro di aver preso tutto il necessario, eppure qualcosa non tornava, almeno a giudicare dalla sensazione che aveva. Fece un ulteriore rapido ma dettagliato resoconto mentale di quello che era contenuto nelle valigie, ma nonostante tutto era più che convinto di aver preso tutto. Tralasciò così la cosa senza dargli troppa importanza.
La navetta si fermò proprio davanti l’ingresso principale mentre un individuo tutto in tiro nella sua uniforme, si apprestava ad aprirgli lo sportello.
Non aveva l’aspetto di un normale dipendente, piuttosto sembrava un ufficiale dell’esercito in divisa da parata. Per essere un semplice usciere era davvero molto formale ed elegante.
– Buongiorno signore. La Cupola del Benessere le da il benvenuto. Siamo lieti di ospitarla nella nostra struttura dove troverà sicuramente quello che fa per lei. Immagino che voglia immediatamente sbrigare le pratiche d’ufficio così potrà iniziare, il prima possibile, la sua vacanza ? – disse, con tono esuberante.
Non aveva nulla da ridire in proposito anzi, trovava la cosa una buona idea, quello che trovava strano era il modo in cui l’aveva detto. Quel tipo sembrava essere più interessato di lui, nel cominciare la vacanza.
Arrivò, quasi subito, un altro individuo un po’ meno in tiro, ma sempre in alta uniforme, che si incaricò dei bagagli e che lo rassicurò dicendogli che li avrebbe trovati a destinazione, qualunque essa fosse stata. Poi si allontanò per una strada diversa dalla sua, lui era diretto verso l’ufficio centrale per la registrazione. Davanti a lui, distante un paio di passi, quello in alta uniforme faceva strada, voltandosi di tanto in tanto per assicurarsi che lo stesse sempre seguendo. Quel posto infatti offriva un’infinità di attrazioni e se non era per lo sguardo vigile di chi gli faceva strada, si sarebbe fermato volentieri, già in un paio di occasioni.
Tutto era lindo e pinto, come se qualcuno fosse passato qualche secondo prima, per controllare che tutto fosse perfetto e lo era, a tal punto, che quando gli era stato proposto di prendere l’ascensore, lui aveva preferito proseguire per le scale. Il bianco era il colore predominante e ogni cosa era avvolta dalla giusta luce, perfino gli angoli più stretti, a stento, disegnavano la loro ombra.
Non avevano incontrato nessuno lungo il percorso e dalla tranquillità che c’era, non sembrava che la cosa si potesse verificare. Più che altro non riusciva a capire, come mai ci fosse così poco personale e così tanta tranquillità, in un posto come quello. Così ambito, intere famiglie in lista di attesa anche per un anno se non di più, insomma, tutto faceva pensare ad un centro carico di lavoro, le cui richieste erano talmente tante da poter scegliere se accettare o no un nuovo cliente eppure, tutto era così tranquillo, quasi apatico.
Le scale finirono in fretta e proprio davanti la porta dell’ufficio centrale, almeno a giudicare dalla targa in metallo lucente che vi era posta.
– Siamo arrivati, entri pure, la stanno aspettando. – Quelle parole furono la conferma. Lui entrò.
Sempre in uniforme e sicuramente nel pieno rispetto del regolamento, ammettendo ce ne fosse uno, in piedi dietro la sua scrivania con un sorriso stampato sul volto lo osservava mentre si avvicinava.
– Finalmente, la stavamo aspettando. – lui si guardò intorno come per cercare qualcuno, che evidentemente non aveva notato.
– Intendo dire, che avevamo in agenda il suo arrivo. –
– Si, suppongo di si. Non è proprio, così facile, entrare in questo posto. Ero in lista da due anni. –
– Ed è stato fortunato. Mi creda. Abbiamo una lista d’attesa che supera i cinque anni, lei è stato davvero fortunato. – intercalò l’altro.
– Da quello che si dice, sembra che questo posto, meriti la fama che si è creata. –
– Ed è così. Lei ha ragione. Rimarrà stupefatto dal livello di qualità che abbiamo raggiunto. I nostri schemi sono i migliori sul mercato, anche se, in effetti, siamo noi a fare il mercato. Solo noi possiamo replicare la nostra tecnologia e come può certamente immaginare, la compagnia ha sempre creduto che la qualità è uno standard fondamentale. Abbiamo investito molto sulla ricerca. Dopo anni, possiamo dire di offrire quasi, la perfezione. Guardi, guardi. – disse, mentre con un piccolo telecomando, controllava lo scorrere, di alcune immagini, che di volta in volta cambiavano sul grande schermo, che era posto alle sue spalle.
– Come può vedere, le offriamo un’ampia gamma di scelta. Ogni singolo schema è studiato fin nei minimi dettagli, nulla è lasciato al caso. Qualsiasi cosa lei scegliesse, deve sapere che avrà solo il meglio. Unico vincolo è il “tempo”, la durata che, è a discrezione del cliente. Ovviamente. – precisò.
Aveva, ovviamente, percepito l’allusione al tempo. Il vincolo era più che altro legato al portafogli del cliente.
– Lei sa vendere il suo prodotto, questo è certo. –
– Come ha detto anche lei, la fama che ci siamo fatti non è dovuta al caso. In fondo io non vendo nulla, che già non si venda da solo, io, sono solo un tramite, un dipendente, che è sicuro del prodotto che vende e a proposito di prodotto, vengo subito al punto. Ora le spetta il compito più difficile. Dovrà scegliere il suo schema e come avrà capito, ne esistono diversi. A meno che, lei già non abbia le idee chiare. –
– A dire il vero, mi ero già preparato per questo, ma ora, dopo aver visto anche queste cose, la scelta si è complicata ulteriormente. Devo dire che la scelta è davvero difficile e complessa. –
– Non si preoccupi. – intercalò l’altro.
– Non è il primo e non sarà neanche l’ultimo. Noi abbiamo ciò che fa per lei. Il personale c’è, anche se non si vede. Venga, venga, mi segua. – lo incitò a seguirlo.
Questa volta non fecero molta strada, l’ufficio era proprio adiacente a quello della direzione.
La targa sulla porta riportava la dicitura “Reparto Medico”.
– Davvero organizzati. C’è anche un reparto medico. La cosa si fa seria. Non avevo preventivato una visita medica. – Non che la cosa lo preoccupasse troppo, se non fosse che in presenza dei camici bianchi, parte della sua tranquillità svaniva improvvisamente come per magia.
– Ma no, cosa ha capito. Non si faccia ingannare dalla targa. Noi lo chiamiamo ufficio medico, ma serve esclusivamente ad aiutare i nostri clienti nella scelta. Non si preoccupi. Entri, entri.-
Si fece coraggio, ed era quasi pronto per incontrare la figura del dottore, quando con suo stupore realizzò che non c’era il solito individuo impettito ad attenderlo, ma al contrario, un’affascinante ragazza, che era si in uniforme, ma al contrario degli altri, sembrava calzargli meglio. Era molto alta e dallo sguardo, non troppo innocente che aveva, dava tutta l’impressione di sapere il fatto suo.
– Si, si. Il camice gli sta a pennello.- pensò
Doveva essere una sorta di psicologa o qualcosa di simile, in un caso o in un altro, essere indecisi, ne era valsa la pena. I capelli appena sopra la spalla, neri e lucidi come l’inchiostro, risaltavano sulla carnagione chiara del viso che incorniciava due occhi celesti come il cielo e luminosi come il sole, insomma, bella, molto. Se non fosse per il fatto, che era più che convinto di non fare coppia con nessuno, si era a dir poco innamorato a tal punto che, per un paio di secondi, mise in dubbio il suo status di scapolo convinto ma, attento a non far trapelare nulla, se non altro il meno possibile. Era talmente bella che sembrava essere stata messa li, per più di un motivo. Come donna era davvero affascinante, bella da guardare, da ammirare sicuramente, come psicologa, magari era anche molto preparata, anche se la cosa dal suo punto di vista, non faceva molta differenza. Ne era davvero rimasto affascinato.
– Le presento la dottoressa. Le darà tutto l’aiuto necessario affinché, lei, possa fare la scelta migliore. Io l’aspetterò nel mio ufficio. Quando avrà terminato la dottoressa la riaccompagnerà.– e se ne andò via e lui non vedeva l’ora che la cosa avvenisse.
Bella, letale e lui aveva il sorriso di sempre stampato sul volto. Quello che aveva tutte le volte che osservava “qualcosa” che lo colpiva particolarmente e quella volta, era rimasto molto colpito. Ora, al dubbio della scelta, si era unito anche quello se continuare o no nel restare scapolo. Sorrise. Era sopraffatto, la sua bellezza lo aveva colto impreparato e lui non poteva fare altro che continuare ad ammirarla senza però dare troppo nell’occhio e poi, lui era li per un motivo ben preciso e niente e nessuno lo avrebbe distolto dalla sua scelta. C’erano troppe cose in gioco per lasciarsi prendere dai sentimenti, aspettava quel momento da troppo tempo, senza contare che la sua scelta avrebbe influenzato l’esito di tutta la vacanza.
– Salve. – disse con disinvoltura accennando un lieve sorriso di compiacimento.
– Salve. Ma prego, si sieda e si rilassi. Siamo qui per cercare di capire quale schema di benessere faccia più al suo stile di vita. Le farò alcune domande alla quale lei dovrà rispondere con la massima sincerità. Tutto quello che lei mi dirà, mi aiuterà a creare un profilo della sua personalità e più lei sarà sincero, più il profilo sarà preciso. Una volta terminata questa procedura, il nostro sistema potrà abbinarle lo schema più indicato, sempre se, ovviamente, lei non vorrà fare una scelta diversa. Insomma, non deve temere nulla, siamo qui solo per capire e fare la scelta migliore.–
La osservava parlare, i movimenti della sue labbra avevano catturato pienamente la sua attenzione e poiché il suo cervello era preso più da quel dolce movimento, che dalle parole, si limitò ad annuire senza dire una parola.
Lei camminava e parlava continuando a spiegare i benefici finali nel fornire dati soddisfacenti per il profilo, lui continuava a seguirla nei movimenti e nulla sfuggiva alla sua attenzione.
– Come può vedere sulla mia scrivania c’è un fascicolo che la riguarda. – lui allungò lo sguardo incuriosito. Sulla copertina c’era il suo nome e niente altro.
– Non si preoccupi è solo la domanda d’iscrizione. Contiene anche il questionario informativo che lei ha riempito due anni fa, se lo ricorderà certamente? Inoltre le confesso che, la sua richiesta ci ha incuriosito alquanto e questo è stato un altro motivo che ci ha spinto a sceglierla. E bene, quel questionario le ha già permesso di superare la prima fase, ora non dobbiamo fare altro che ritoccarlo per poter creare un profilo psicologico più attento e mirato. L’esperienza che sta per affrontare, può mettere a dura prova la sua salute mentale. Le confesso che nonostante si siano fatti passi da gigante in questo settore, ancora oggi, delle volte, riscontriamo delle piccole modifiche nella personalità dei soggetti che hanno vissuto questo tipo di esperienza. Nulla di serio certo, nessuna conseguenza che rientri nel campo delle patologie conosciute, in ogni caso rimane un settore ancora in fase di studio, quindi dobbiamo prendere tutte le dovute precauzioni. Sottoporre la sua mente a qualcosa che può mutare il suo profilo psicologico, anche minimamente, non è per noi una cosa accettabile. Proprio per questo motivo che anche quando ci troviamo di fronte a soggetti molto decisi e preparati verso l’imprevisto, l’ignoto, preferiamo comunque sottoporre i soggetti ad un esame più approfondito. Come avrà capito, non è solo un nostro cliente, ma anche un pioniere. Questa, pur essendo una tecnologia ormai collaudata, nasconde sempre delle piccole insidie, inoltre, l’esperienza che vivrà sarà per lei, per la sua psiche, per i suoi sensi, per il suo corpo, reale al cento per cento. Questo non è come fare un bel sogno, ma molto di più quindi, capirà perfettamente quali siano le nostre perplessità. Detto questo, se non ci sono domande possiamo iniziare il test psicologico poi, passeremo a quello fisico e vedrà, ci sarà anche da divertirsi, non è dopotutto così noioso come sembra. –
– Splendido, non vedo l’ora di iniziare. Anche se… –
– Ma prego. Dica pure. Faccia tutte le domande che ritiene più opportune.-
– Si, certamente. Ecco… come mai la mia richiesta ha attirato la vostra attenzione? Voglio dire, con tutte le richieste che avrete come mai, proprio la mia? Pensare che, temevo di essere stato fin troppo, come dire, banale. Quando ho compilato la richiesta, facendo presente quale fosse il mio desiderio e cosa volessi vivere, non immaginavo certamente di attirare la vostra attenzione più del necessario. Tutt’ora mi sembra così strano che io sia stato il primo nel voler desiderare di vivere, un’avventura esterna al mio tempo. Come mai? La vostra tecnologia si propone proprio questo. Il servizio che offrite non è forse questo? Non vi proponete come la prima società ad offrire questo tipo di avventura?-
– Risponderò alla sua domanda, ma non ora. Iniziamo intanto il nostro percorso e più tardi avrà la sua risposta, sempre se ne avrà ancora bisogno.-
La dottoressa sembrava del tutto naturale, tranquilla, le sue parole più che un pericolo racchiudevano preoccupazione e a quanto pare legata proprio al tipo di richiesta. Ma cosa aveva di così tanto particolare la sua richiesta era una cosa che lo incuriosiva oltre misura.
– Va bene, anche se non nascondo una certa curiosità nel conoscere la sua risposta.- aggiunse.
– Vedrà che risolveremo tutto il prima possibile. Ora mi segua, prima cominceremo e prima avrà la sua risposta.-
Non camminarono molto. La stanza era molto sobria, ampia e priva di eccessivi decori, lasciava ampio spazio al colore bianco predominante che, accentuava maggiormente l’idea del laboratorio medico. Un paio di scrivanie di forma rettangolare completamente in acciaio, un lettino ricoperto da una specie di lenzuolo bianco e un paio di macchine dall’aspetto comune era tutto quello che vi era contenuto. A prima vista quelle strane macchine dall’aspetto familiare sembravano console per giocare, quelle del tipo full immersion, dalla forma ergonomica con il sedile tipo auto sportiva e lo schermo posto frontalmente, anche se era più che sicuro che tutto fossero fuorché console di gioco. Queste avevano tre schermi e una sorta di casco da cui fuoriuscivano una serie di cavi collegati ad un armadietto verticale ricoperto da luci ed interruttori, posto lateralmente ad ogni macchina. Il casco era attaccato ad un braccio meccanico che era fissato sul telaio dell’armadietto, nella parte superiore. Si, ne era più che sicuro, non erano console per giocare. Si soffermò qualche secondo per ammirarne la stranezza e la complessità cercando nella sua mente di carpirne in qualche modo la funzionalità. Si chiese anche, se facevano parte dei test che avrebbe dovuto affrontare, ma non era nervoso ne gli incutevano un particolare timore, stranezza a parte, non avevano un aspetto sinistro.
– Ecco venga qui, si metta comodo. – La voce della dottoressa lo riportò al presente.
– Venga. Si accomodi e non si preoccupi, quella macchina è meno pericolosa di quel che sembra.-
– Beh, sembra complicata. – aggiunse lui.
– E’ complicata come tutto quello che non si conosce. – rispose la dottoressa accennando un lieve sorriso.
– Suppongo di si e se mi permette, a cosa serve?-
Lei, esito qualche secondo.
– Brevemente!… Analizza la memoria.-
– Analizza la memoria? Come in un computer?- Lui l’aveva resa più semplice.
– Più o meno. Vede, escludendo ovviamente, tutto quello che è patologia, quindi le malattie del cervello, ognuno di noi, vive una propria vita. Le esperienze fatte, quelle belle, brutte, un trauma subito, tutto quello che rappresenta la sfera delle emozioni insomma, vanno ad influenzare determinate parti del cervello. Il nostro cervello come un computer, registra tutte queste informazioni in determinate zone. La macchina in pratica, sottopone il soggetto alla visione di determinate immagini di vita quotidiana, anche cruenti. Attraverso la frequenza emessa sappiamo quale zona è interessata. Analizzando poi, la loro intensità, risaliamo all’estensione di ogni zona. Più la zona è grande, più esperienze sono state memorizzate, in quella determinata area. In base alla sua grandezza e al tipo di frequenza, possiamo sapere quali sono state le sue emozioni. Se da piccolo lei, ha rischiato di affogare, noi le scopriamo.-
– Come un album fotografico? Convertite una vita di esperienze in un album fotografico?- aggiunse, lui.
– In pratica.- rispose la dottoressa.
– Considerando la clientela che avete, dovreste avere una bella collezione?- replicò, lui.
– Ovviamente si. Più dati, più riscontri, più possibilità, più esperienze, più certezze, più risposte.- sottolineò la dottoressa.
– Ovviamente.- aggiunse lui, annuendo.
– Ma non si preoccupi vedrà che si divertirà e soprattutto non sentirà nulla.-
– Non lo metto in dubbio.- Lui, sorrise.
– E’ preoccupato?- incalzò la dottoressa.
– No. Affatto. Diciamo che non voglio rovinarmi la sorpresa. Mi creda, sono davvero incuriosito.- rispose, accennando un lieve sorriso forzato.
– Allora iniziamo subito.- precisò la dottoressa.
Prima di sottoporla a qualsiasi tipo di esame fisico, mi parli un po di se, tanto per conoscerla meglio. La sua vita, gli studi, il lavoro, le amicizie, le sue esperienze insomma. Tutto quello che dirà, ovviamente, è sottoposto al segreto più assoluto, nulla uscirà da questo studio. Come già le ho detto, questo nuovo modo di viaggiare, anche se non è il termine più corretto, mette a dura prova il suo senso della realtà. Tutto quello che lei affronterà, tutto quello che lei vedrà, verrà assimilato dai suoi sensi come reale. Indipendentemente dal tipo di avventura che lei ha scelto, non possiamo trascurare eventuali disavventure, le stesse disavventure che la vita, così come noi la conosciamo ci riserba ogni giorno. Piccolo o grande che sia, ogni imprevisto, ogni problema, ogni delusione, può avere conseguenze più o meno gravi. Ognuno di noi poi, in base al nostro tipo di carattere, in base alle nostre conoscenze, ci induce a comportarci in maniera diversa. Le chiedo quindi, la massima sincerità da parte sua, questo è un punto fondamentale.-
– Va bene. Va bene, dottoressa.-
Il resto della giornata era passato piuttosto in fretta. Non aveva fatto molto, fisicamente, mentalmente era stanchissimo. Aveva parlato, aveva risposto ad una miriade di domande, alcune delle quali, mai, avrebbe pensato di dover rispondere. Aveva in una giornata, ripercorso tutto quello che ricordava della sua vita. Mentalmente era stanchissimo e dalla posizione che aveva assunto ormai sulla sedia, la cosa era anche visibile.
– Bene. Per ora abbiamo terminato. Ora verrà un addetto del personale che l’accompagnerà nella sua stanza, dove potrà riposarsi. Questa è una piantina del nostro centro, può farle comodo. L’aiuterà a trovare i punti di ristoro, le zone sportive, le aree abitative, c’è anche l’ingresso al parco, mi creda è davvero rilassante. E poi, a lei piace la natura.-
– Si, volentieri, sono molto stanco in effetti. Credo proprio che il suo sia un buon consiglio.-
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